Sono ormai più di otto anni (dicembre 2013) che faccio parte dell’Associazione Agorà” presso l’Opera Immacolata Concezione alla Mandria, periferia di Padova e da allora, regolarmente, alcuni giorni prima del Santo Natale sento ricorrere con frequenza il nome di “casa Priscilla”, descritta come ricovero per bambini soli o abbandonati, alla quale svariate organizzazioni di volontariato a sfondo benefico, elargiscono fondi per il suo sostentamento; tra queste, anche la nostra che destina parte dei fondi raccolti con il mercatino di fine anno, dove vengono messi in vendita i lavori confezionati da un importante numero di socie nel laboratorio di sartoria. Trattasi di indumenti diversi, quasi sempre di lana, che incontrano il gradimento di un notevole numero di clienti sia per qualità che per lo scopo che si prefiggono.
Quest’anno, assieme ad altri componenti del Consiglio Direttivo, ho presenziato alla consegna del nostro contributo nelle mani della direttrice della casa, suor Miriam che ci ha accolti nel suo minuscolo ma decoroso ufficio con semplicità e tanta dignità.
La casa o, come viene generalmente chiamata “casetta”, si trova a Padova, in Via Criscini non lontana dall’ospedale civile, nascosta da palazzi che la rendono quasi invisibile a chi le passa accanto. Entrato nel minuscolo giardinetto che la circonda ed entrato nel suo interno, sono stato colpito e profondamente turbato da quanto ho potuto vedere, seppur di sfuggita.
Bambini e bambine dalla pelle bianca o nera, uno nato da pochi giorni, alcune ragazzine/i di 14 – 15 anni, una decina in tutto e forse più, seguiti da suor Miriam con l’aiuto di tre giovani volontari: due ragazze ed un ragazzo. Chi piangeva, chi invocava la propria mamma, qualche altro con un quaderno e penna in mano che cercava un angolino per potersi sedere e fare i compiti di scuola. A tutti suor Miriam correva in aiuto serena e sorridente, cercando di portare aiuto e conforto alle necessità di tutti.
In mezzo a tanto dolore e tristezza mi sono sentito profondamente colpito ed anche in parte colpevole per non essermi mai fatto partecipe di queste realtà.
La povertà, l’abbandono, la fame e la miseria non sono realtà solo del terzo mondo, spesso ignorato, ma anche vicine, ed in mezzo a noi.
Ritornando a casa, mi sono sentito avvilito, umiliato, pensando a quanto si potrebbe e potrei fare di più in quanto miseria, povertà, disperazione non sono molto lontane da noi fortunati che dovremmo invece stare più vicini a chi non lo è, vincendo l’indifferenza e l’egoismo che ci circonda, prendendo magari l’esempio da suor Miriam, che mi è venuto spontaneo paragonare ed avvicinare all’indimenticabile madre Teresa di Calcutta.

Vitaliano Spiezia