Invecchiando, si tende a dormire meno. Non si tratta soltanto di sapienza popolare ma di una chiara affermazione scientifica. Una ricerca dell’Università del Surrey diretta dal professor Derk-Jan Dijk e pubblicata su “Sleep“, aveva infatti dimostrato come dei 110 volontari indagati, preventivamente divisi in tre gruppi (uno tra i 20 e i 30 anni, uno tra i 40 e i 55 e uno tra i 66 e gli 83), i più giovani dormissero in media 433,9 minuti per notte, gli adulti di mezza età si contenevano in 410 minuti mentre ai più stagionati ne bastavano solo  390. Tuttavia tale dato non dimostrerebbe affatto che dormire meno fa bene o consente ai soggetti più anziani di essere reattivi allo stesso modo di quanto lo siano coloro che dormono di più. In particolare, Sean Drummond, professore associato di psichiatria all’Università della California, ha  stravolto la convinzione diffusa che con l’avanzare dell’età, la tendenza  biologica a dormire di meno possa essere benefica a tal punto da accrescere le capacità dell’individuo. Così il fatto che,  per consentire al nostro organismo  di funzionare al meglio, sia sufficiente dormire di meno è un mito del tutto discutibile che dati scientifici tenderebbero  a smentire clamorosamente. Infatti secondo un recente studio dell’Università della California, la storia che le persone anziane dormono meno perché ne hanno meno bisogno non avrebbe alcun fondamento scientifico. Anzi  i dati dimostrerebbero il contrario. In particolare il professore Sean Dummond ha  preso in considerazione un gruppo di orsi, dimostrando che non c’è relazione tra quanto si dorme la notte ed il fabbisogno energetico necessario per il corpo al fine di ottenere un resa adeguata delle funzioni muscolari e cerebrali. Ciò che cambierebbe infatti, sarebbe “la capacità di dormire tutto d’un fiato, senza svegliarsi troppe volte durante la notte”. Se , superata una certa età, si tende ad un risveglio più frequente nel bel mezzo della notte non significa che al nostro organismo sia sufficiente dormire meno. Dallo studio, infatti, è emerso che un sonno disturbato, all’alba del giorno dopo, influenza negativamente le prestazioni delle persone anziane ancora più di quanto non succeda a un cervello più giovane. Di conseguenza la regola cui attenersi anche in età avanzata è quella di dormire il più possibile  perché  “più si riesce a dormire la notte, più il cervello sarà funzionante il giorno dopo”. Chiedere agli orsi oggetto dello studio,  per credere. https://www.terzaeta.com/