Omelia nella celebrazione di suffragio per i militari morti a Pisa

PILOTI_ROMA, lunedì, 30 novembre 2009 (ZENIT.org).- “Non si può scendere dalla Croce, perché è la stessa Croce a portare noi”, ha affermato monsignor Vincenzo Pelvi, Arcivescovo Ordinario militare per l’Italia, celebrando nella Cattedrale di Pisa questo sabato la Messa in suffragio dei cinque militari precipitati durante un volo d’addestramento il 23 novembre.

Il presule ha ricordato che la sofferenza, “atteggiamento umano, naturale e spontaneo, visibile nel pianto e indescrivibile nel dolore”, “si apre a spiragli di luce e a germi di consolazione”.

“La sofferenza dei volti non deturpa ma abbellisce il vostro cuore smarrito – ha detto ai parenti dei defunti –. L’esistenza non può essere solo sfigurata dal vuoto e dalla solitudine, ma viene trasfigurata da una Croce che ci è consegnata come mistero della vita”.

Gesù, ha ricordato l’Arcivescovo, “non cancella le lacrime, ma contribuisce a dare un senso alla tristezza”.

Per questo, si è rivolto direttamente al Signore dicendo: “Chi può cogliere il nostro lamento, se non Tu, o Dio amante della vita. Siamo certi, Tu non ci abbandoni nella prova e lasci che gridiamo nel pianto che soffoca anche la nostra voce. Aiutaci con gli occhi della fede a spiare lontano, in alto, cercando negli orizzonti il Tuo volto, non più nascosto da un velo”.

Monsignor Pelvi ha quindi ricordato ciò che pensa ogni persona: “Non vorremmo soffrire mai. Tocchiamo la Croce, ma rifiutiamo di portarla, perché abbiamo paura”.

“Non è così, non deve essere così – ha sottolineato –. Non si può scendere dalla Croce, perché è la stessa Croce a portare noi”.

“Che non sia mai interrotta la presenza, la vicinanza e il colloquio con coloro che, pur buio della morte, sempre intercedono per noi viventi – ha aggiunto –. Il loro sguardo sia fisso sulla terra come il nostro al cielo e il messaggio della loro bocca risuoni nel nostro spirito: la carne risorgerà, la nostra vita è eterna”.

“I nostri voti sono rivolti a Te, Signore – ha concluso –. Rendi luminosa ed operante in noi la fede e l’attesa dell’eterna vita”.