Erano le ore 17,03 del giorno quattro del mese di maggio dell’anno 1949; settanta anni sono trascorsi dal disastro aereo di Superga.

Avevo allora compiuto dieci anni e frequentavo la classe quinta  alla scuola elementare “A.Manzoni” di Padova, vicino a casa. Inoltre, seguivo giornalmente durante il pomeriggio il corso obbligatorio, ( di italiano ed aritmetica) per poter accedere alla scuola media inferiore nel successivo anno scolastico.

Rientrato in famiglia verso le ore 18,30, dalla vecchia radio, non c’era allora la televisione, accesa in cucina dove mio papà stava ascoltando, venivo a conoscenza di quanto accaduto a pochi chilometri da Torino. Lo schianto di un aereo di linea con 31 persone a bordo, contro la basilica di Superga nel quale nessuno dei passeggeri aveva trovato scampo. E chi occupava quei posti all’interno del grande uccello volante? L’intera squadra di calcio del Torino di ritorno da una trasferta in Portogallo dopo la disputa di una partita amichevole contro il Benfica, i dirigenti, i tecnici, i giornalisti al seguito ed i membri dell’equipaggio tutti.

Immaginatevi la disperazione di un ragazzino innamorato del gioco del calcio e dei suoi amati protagonisti, i “granata” campioni d’Italia ed appartenenti quasi in toto alla squadra nazionale, riconosciuta come  una delle migliori nel  mondo. Qualche mese prima avevano disputato la gara di campionato a Padova: quattro a quattro il risultato finale ed io ero presente al mitico stadio “Appiani”, stracolmo di appassionati spettatori che fortunatamente non mi calpestarono, ma che data la loro stazza di uomini adulti, mi impedirono quasi completamente la visione dello spettacolo

Scoppiai in un pianto dirotto e disperato al quale papà e mamma non riuscirono, se non dopo molto tempo ed a fatica a porre rimedio, specialmente qualche giorno dopo, in occasione delle esequie che seguii incollato alla radio.

Ancora oggi, dopo così tanto tempo, ogni volta che qualche manifestazione richiama alla memoria la tremenda disgrazia, commozione e tristezza mi colgono come allora e davanti alla mente ed agli occhi, scorrono i giovani volti sorridenti, sereni, felici di capitan Mazzola, di Bacigalupo, dei fratelli aldo e Dino Ballarin, di Maroso, Castigliano, Martelli, Grezar, Menti, Loik, Gabetto, Ossola, dei tecnici, dei dirigenti, tutti personaggi che avevo conosciuto per mezzo della  raccolta delle figurine “Panini”, preziose “foto” che ancora oggi conservo e  custodisco con grande venerazione.           

 Vitaliano