Quando ti sei avveduta
che l’occhi miei chiusi ormai,
non ti sorridevano più,
hai pianto.
Quanto tempo sprecato,
passato e non vissuto,
vicini e incompresi,
timidi e sospettosi.
Finalmente una lacrima
ha luccicato titubante per me
negli occhi tuoi belli.
Ti guardavo ed ero felice,
finalmente il tuo ruvido cuore
si scioglieva
e lasciava scorrere languido e lento
questo amore per tanto tempo represso.
Ti vedevo ad occhi chiusi.
Senza muovere un filo d’aria
godevo in estasi la tua vicinanza.
Sentivo le tue calde lacrime
cadermi come petali profumati
sul viso attonito, immobile, gelido.
Dovevo continuare.
Era troppo piacevole sentire
questa tiepida rugiada
calarmi col tuo represso singulto.
Improvvisamente mi sarei alzato e
con una fragorosa risata tramutato
la mestizia in burla, il tormento in gioia.
Già pregustavo
il tuo focoso liberatorio abbraccio,
l’incredulità e lo sgomento degli astanti.
Ci son cascati tutti e tu compresa.
Ora basta, apro gli occhi e mi alzo.
Una manata dura me li richiude
e mi schiaccia senza pietà.
Strillo: spostati!
Non mi sente; non può sentirmi,
continua a spingermi giù.
Grido: guardami, son vivo!
Se ne va la luce lentamente,
lugubre diventa il mondo.
Sono triste e abbandonato.
Solo quattro fiammelle intorno
mi fanno compagnia
in questa silenziosa pace.

Ho l’impressione
di aver finto così bene
da crederci anch’io.
Chissà, forse son davvero morto,
e non me ne sono accorto!

Ceronte

( 2009)