Giubellino dal Cern .
Il direttore italiano del test “Alice”
vedremo l’inizio dell’Universo
DI GABRIELE BECCARI
Ha il nome più bello dei 4 esperimenti previsti nell’anello sotterraneo dell’acceleratore di particelle «Large hadron collider» del Cern a Ginevra: si chiama «Alice» ed è una macchina del tempo che riporterà la materia indietro di circa 14 miliardi di anni, al Big Bang. A guidare il test è un italiano, il fisico torinese Paolo Giubellino, definito «spokesperson».
Professore, è vero che lei è il capo di un’organizzazione molto particolare, che periodicamente è studiata anche da antropologi e sociologi?«E’ vero. Ogni esperimento di Lhc è come una libera nazione, con una propria Costituzione, un potere legislativo, incarnato dal “collaboration board” in cui sono rappresentati gli istituti partecipanti, e un potere esecutivo, in cui il responsabile è lo “spokesperson”, il capo del governo, che ha un mandato di 3 anni».
E lei è stato eletto, giusto?
«Sì. Da una maggioranza di due terzi. E prima c’erano state le primarie per la presentazione dei candidati, fino al voto con i 2 sfidanti finali».
Siete un esempio di democrazia funzionante, anche se composta da cervelloni.
«E’ una democrazia delicata, in cui il capo del governo non ha un potere coercitivo, in quanto ogni istituzione contribuisce con fondi, know-how e persone: si basa, perciò, su una libera trasmissione di sovranità. Siamo un po’ come la federazione svizzera che ospita il Cern».
Quante persone lavorano con lei?
«Un migliaio di scienziati, più altrettanti tecnici e ingegneri. Vengono dai laboratori e dalle università più prestigiosi e da tutto il mondo».
Con gli italiani, una volta tanto, in primo piano.
«Hanno un peso significativo: la mia elezione rappresenta l’importanza del contributo italiano e del gruppo torinese dell’Infn, l’Istituto di fisica nucleare, che ha avuto un ruolo importante già all’ideazione di “Alice”».
Come si guida un team così esteso?
«L’esperimento è articolato in 18 progetti: siamo paragonabili a un satellite, che, dopo essere lanciato – in questo caso da Lhc – misura una vasta gamma di segnali».
Ora siete partiti.
«Abbiamo raccolto i primi dati già in autunno, con il fascio all’energia all’energia più bassa, e così abbiamo verificato il perfetto funzionamento degli strumenti. Da questa settimana, invece, si entra in mare aperto, in una regione di energie totalmente nuova. Ci aspettiamo sorprese già a breve».
Può dare un’idea di questa energia?
«La misuriamo in 7 Tev, vale a dire in 7 Teraelettronvolt, l’unità di misura che equivale a 1000 miliardi di elettronvolt. E’ 3 volte il massimo raggiunto nei precedenti test e la potenza del fascio di particelle equivale a una portaerei lanciata in piena velocità e concentrata in uno spazio di poche decine di micron».
Di che particelle si tratta?
«Si inizia con un fascio di protoni, fino all’estate, poi si passerà ai nuclei di piombo, quelli che ad “Alice” interessano di più. Utilizzando collisioni fra nuclei è possibile comprimere in una piccolissima regione di spazio una grande quantità di protoni e neutroni, fino a creare un plasma di quark e gluoni, che sono i componenti dei protoni e dei neutroni stessi: sono i mattoni della materia».
Il plasma è caldissimo.
«Arriva a una temperatura di 150-160 Mev, che equivale a 100 mila volte quella all’interno del Sole».
Lì che cosa accade?
«Quark e gluoni si muovono liberamente, finché, in una frazione infinitesima di secondo, si riformano gli adroni, vale a dire le particelle “ordinarie”, in cui quark e gluoni sono di nuovo confinati. Questo fenomeno è fantastico da studiare, perché è ciò che è successo all’origine dell’Universo».
Lo racconti.
«Tutto è cominciato con un plasma che si espandeva e si raffreddava, finché si sono formate le particelle. E’ significativo che i quark, da soli, siano leggerissimi, mentre acquiscono una massa significativa quando sono confinati. Si tratta di una transizione di fase fondamentale per la nostra comprensione della struttura del cosmo».
E’ vero che vedrete solo indirettamente la «palla infuocata» del Big Bang?
«E’ come quando si studia il cielo: si vede un insieme di risultati formatisi in tempi diversi, filtrati dal fatto di aver attraversato estese regioni di spazio. Così vedremo un gran numero di particelle emesse e dalle loro caratteristiche risaliremo alla storia dei primi istanti dell’Universo. Studieremo le interazioni tra quark e gluoni, quando erano liberi, e come si sono associati per formare le particelle. Ma è solo l’inizio. Ciò che si è già scoperto – con l’acceleratore di Brookhaven – è che il plasma è simile a un liquido ideale. E’ una realtà che permette connessioni inaspettate con altre scienze: alcune sue proprietà sembrano calcolabili nell’ambito delle teorie delle superstringhe che, finora, si pensava non avrebbero mai avuto modo di confrontarsi con misure sperimentali».
Con «Alice» come potrebbe cambiare la fisica?
«Potremo indagare la formazione degli elementi pesanti, la generazione della massa, le caratteristiche delle interazioni forti, quelle nucleari, la cui comprensione è ancora lontana dell’essere completa. Sembrano problemi esoterici, ma ci aspettiamo che si apra una finestra tutta nuova sulla materia e sull’Universo».
Chi è Paolo Giubellino Fisico
RUOLO: E’ DIRIGENTE DI RICERCA DELL’ISTITUTO NAZIONALE DI FISICA ED È COORDINATORE INTERNAZIONALE DELL’ESPERIMENTO «ALICE» DELL’ACCELERATORE DI PARTICELLE LHC DI GINEVRA.