emigrazione cervello

Quest’estate per una serie di circostanze non ci siamo, praticamente, mossi da Padova. E’ stata, ed è tutt’ora, un’estate MOLTO calda, per cui, a parte un paio d’ore alla mattina presto in cui andavo a prendere il giornale ed a leggerlo su di una panchina al parco, od un paio di giri in bicicletta, dalle 9.30/10 in poi mi sono chiuso in casa, con l’aria condizionata (…….purtroppo) ed ho passato il tempo tra giornali, libri, televisione (mi hanno salvato il Tour de France ed i campionati del mondo di nuoto !) e il computer.

Quando apro il pc inizio sempre con un’occhiata alla posta ed al Blog. Una volta, aprendo il Blog ho dato una scorsa agli articoli ‘vecchi’ e mi sono soffermato anche sulla “Cronaca di un piccolo emigrante” di Paolo Brolati ed il relativo commento di Donato. Tale articolo mi ha dato l’ispirazione per queste mie righe.

Io non sono mai emigrato,  però mia figlia è un’emigrata, ormai già da quasi nove anni.

L’emigrazione 2.0 è molto diversa da quella dei tempi di Paolo e Donato, 50 o 60 anni fa. Molti giovani, in ambito UE non si considerano nemmeno emigrati ma espatriati, tanto che è nato il neologismo EXPAT e generazione expat, e molti non si iscrivono nemmeno all’AIRE in quanto non escludono, a priori, l’eventualità di rientrare in patria  stante la loro elevata mobilità.

Tornando a mia figlia, che è nata nell’80, lei rientra nella cosi detta ‘generazione Erasmus’.

Già tra medie e superiori ha studiato due lingue a scuola, a 15 anni ha passato tre settimane in Irlanda, ed a 19 altre tre a Malta per studiare l’inglese e a 25 i famosi 6 mesi Erasmus a Copenhagen in cui ha conosciuto ragazzi di mezzo mondo, dall’Australia, al Canada, al Giappone oltre a quelli di mezza Europa, nel 2005, dopo la laurea, ha frequentato un corso (le solite tre settimane) di francese a Nizza, ed anche qui ha avuto contatti con ragazzi di vari paesi, di varie etnie ecc.

Dopo Nizza per sei mesi ha lavorato come stagista per una ditta di Albignasego, per conto della quale è andata in Francia più volte, anche per più settimane di seguito.

In questo periodo le è arrivata la proposta per un PhD (dottorato di ricerca) di almeno tre anni presso l’università di Copenhagen, quella in cui aveva svolto la tesi.

E qui i genitori hanno avuto una certa influenza ! A Giovanna piaceva il lavoro qui ad Albignasego anche se molto impegnativo (si è trovato da sola in Francia a gestire un cantiere) e se la pagavano ….. molto poco (da stagista), ma noi la abbiano ‘vivamente’ consigliata, almeno, di andare a fare il colloquio di selezione. Colloquio che si è svolto a…… Parigi.

Quindi è andata a Copenhagen !

Ci è stata non tre ma quattro anni, ha cambiato tre appartamenti, li ha divisi con vari ragazzi e ragazze, solo uno italiano, gli altri/e non italiani, con qualcuno è entrata in sintonia, con altri è stata una convivenza formale, ha frequentato vari corsi di danese fino ad arrivare all’ultimo livello. Si è trovata molto bene.

Verso la fine del contratto danese ha cominciato a guardarsi attorno ed ha trovato un (ottimo) impiego presso un’industria aeronautica a Bristol (Gran Bretagna), peccato proprio pochi mesi prima di partire abbia stretto una …… ‘cordiale’ amicizia con un ragazzo danese.

Dopo un paio d’anni a Bristol ed una miriade di voli Bristol – Copenhagen via Londra o Birmingham e viceversa, si è trasferita ad Amburgo, nella sede tedesca della stessa ditta di Bristol.

Nel frattempo si è sposata con il ragazzo danese, ed anche lui si è fatto trasferire ad Amburgo, è nato in Italia un bambino, mentre il secondo è nato pochi mesi fa in Germania.

E adesso alcune considerazioni generiche, fermo restando che quando si parla di individui, di persone, le generalizzazione vanno sempre prese con le molle.

Negli anni 50 e 60 ed ancor più prima della guerra chi emigrava erano soprattutto genitori,  mariti, qualche volta figli che cercavano di dare una vita migliore alle proprie famiglie.

Ora sono i giovani che vanno all’estero in cerca di una vita più gratificante e di un lavoro più consono alle proprie aspettative.

Questo è anche stato reso possibile dalla facilità delle comunicazioni. Sia fisiche che audio e video.

La generazione Erasmus è figlia dei voli low cost, di internet, di skype, di Ikea e di Amazon.

Con mia figlia ci siamo e ci sentiamo quasi ogni giorno via Skype, e ci vediamo pure, e riusciamo a vedere i nipotini e loro ci guardano.

Giovanna ha messo su casa in mezza Europa grazie ad Ikea, e gran parte degli acquisti, dato che i bambini tra i piedi e non ci sono i nonni, li fa su Amazon (tra l’altro nei paesi in cui lei ha vissuto le spedizioni dei pacchi sono molto più efficienti che in Italia).

Ma soprattutto quello che ha cambiato il mondo, sono i voli, soprattutto quelli entro lo stesso continente !

Viaggiare tra le (grandi) città europee e rapido ed economico, anche se i vecchi voli di linea erano più comodi, ma per un paio d’ore si può stare seduti non proprio comodissimi e rinunciare ad una bibita.

Fortunatamente, per noi, Giovanna è rimasta in Europa, anche se, mentre era a Copenhagen si è manifestata la possibilità di un trasferimento in Australia !! Bel paese,  con grosse opportunità, anche perché aveva un buon contatto, ma …. era dalla’altra parte del mondo, e solo parlarci via Skype sarebbe stato un problema data la differenza di fuso orario.

Infatti il figlio di alcuni nostri amici, che ha studiato architettura a Barcellona, dopo una breve esperienza laggiù durante la quale ha conosciuto la sua compagna, in concomitanza con la crisi, un tentativo di stabilirsi a Genova, sono emigrati da un paio d’anni in ……. Cile ed hanno trovato praticamente subito lavoro entrambi.

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