“DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA”

 

La natura è (anche) violenta, di una violenza improvvisa, incoercibile. Per pararne i colpi (non tutti, ma molti sì) si deve conoscerla per quello che è: una madre fertile e provvida, ma a volte infanticida. L´impressione – anche dai commenti sull´alluvione – è che non la conosciamo più. Alterniamo la rimozione totale, da urbanizzati che credono di avere addomesticato per sempre il mondo, di averlo imprigionato in un palmare o in un cruscotto d´auto; a una visione idealizzata, arcadica, sdolcinata: come in quei documentari dove la voce narrante bamboleggia parlando delle bestie (e dunque, non ne parla davvero). Cavalchiamo una tigre (vulcani, terremoti, maremoti, alluvioni) come se fosse un gattino. Costruiamo case sul ciglio di fiumare infide e piangiamo quando l´acqua se le ingoia. Lasciamo morire gli alberi senza rimboschire, e rimaniamo sbalorditi quando l´acqua ci piomba addosso precipitando lungo pendici glabre. Siamo come i turisti della domenica che salgono i monti in mocassini, scivolano e muoiono: ma lo siamo tutto l´anno, ogni giorno. La rimozione della morte e la rimozione della natura sono le due facce della stessa medaglia. Non conosciamo più la natura perché il nostro sforzo supremo è dimenticare che nella vita esiste anche la morte.

da “L’AMACA” di Michele Serra, “La Repubblica” 6 ottobre 2011

Francesca Boldrin