CONSIDERAZIONI  SULLA NOSTRA ITALIA

 il tricolore

   Abbiamo celebrato il 150° anniversario dell’Unità d’Italia all’ombra del nostro magnifico ed entusiasmante tricolore: il rosso, il bianco ed il verde  e ci apprestiamo a vivere i prossimi anni pensando che il nostro vessillo ci affratelli sempre più con calore e serenità.

   Ci auguriamo che questa fratellanza, richiamata dal nostro inno nazionale, permanga e si rafforzi diventando, sempre di più tutti insieme, cittadini d’Europa e quindi del mondo considerando che un vecchio detto dice “l’unione fa la forza”.

   Credo di dover dire che è necessario ritornare ad una vera unificazione morale, perché da qualche tempo pare  ci si dimentichi del molto sangue versato sul Grappa e sul Piave da tutti gli italiani nella guerra del ‘15/’18, dove nella stessa trincea stava il fior fiore della giovinezza del sud, del centro e del nord, indistintamente pronta a difendere la Patria e che tutti gli italiani hanno dato il loro sudore nelle fabbriche e sulla terra del nord, del centro e del sud, per risollevare l’Italia dalle macerie in cui era ridotta dopo il secondo conflitto mondiale. Vogliamo che in tutta Italia ritorni il clima unitario esistente nelle guerre d’indipendenza a partire dalla rivoluzione del  Lombardo-Veneto (1848-1849) che fu causa della prima guerra d’indipendenza dichiarata da Carlo Alberto la notte del 23 marzo 1848.

    Certo che i sentimenti di allora erano ben diversi dai giorni nostri ed è da sperare che le proposte che si son  sentite fare qualche anno addietro, di parlare in dialetto al Parlamento Italiano, o di mettere sulle pagelle scolastiche il simbolo della regione e non la corona turrita della Repubblica Italiana; di modificare l’Inno Nazionale sentendo parlare di federalismo e secessione, riesumando termini che per noi della ‘vecchia guardia’  significano disfattismo, rivoluzione e mal costume, speriamo profondamente che tutto questo è stata soltanto polemica da spiaggia, da sotto l’ombrellone o da passeggiata in montagna. Credo di poter dire che si ha bisogno non di dialetti, validissimi nella propria terra, ma di buone capacità espressive di cui è ricca la nostra lingua nazionale, mettendo anche da parte i molti intercalari stranieri che si sono appropriati del nostro dire.

      Ma allora i sentimenti erano ben diversi dai giorni nostri. I più della collettività erano persone alla buona, che credevano che l’olio versato portasse sfortuna e che il vino versato portasse fortuna, ma nel loro intimo c’era il pensiero proteso all’avere il proprio paese, perché quando l’Italia era signoreggiata da più governi stranieri, si desiderava col cuore di avere l’indipendenza e la libertà.

       Concetti questi che si sono riproposti anche negli anni più vicini a noi, nel 1945, quando l’Italia era stata privata della sua libertà, perché invasa dalle truppe tedesche.

        Dico oggi cerchiamo di volerci bene sul serio, ricreando una buona educazione civica, il cui compito spetta ai genitori ed alla scuola, specie alla scuola considerando che la generazione attuale dei genitori è ignara dell’amor di Patria, per ‘correggere il modo di pensare e di agire di molti, che devono convincersi che le leggi vanno osservate anche quando comportano sacrifici’  e riprendiamo ad apprezzarci, considerando che nella nuova nazione europea il nostro Paese è entrato con il bel tricolore che parla del nostro glorioso passato e che non può essere buttato via, perché fa parte di noi, delle nostre radici, della nostra lingua, i nostri morti, i nostri eroi, l’aria che respiriamo e la fede che professiamo.                                                     

 

 

 

 

 

                                                                              Lelio Russo

Abbiamo celebrato i 150 anni …