E’ Carnevale !

Una delle maschere più conosciute e, probabilmente, più amate è quella di Arlecchino.

Una delle maschere della Commedia dell’Arte tramandateci, soprattutto, da Goldoni e molto popolare qui nel Veneto e che, come spesso capita nelle tradizioni popolari, ha le radici molti secoli fa in cui il confine tra riti cristiani, pagani, credenze popolari e riti propiziatori era molto sfumato.

La maschera di Arlecchino ha origine dalla contaminazione di due tradizioni: lo ‘Zanni’ bergamasco da una parte, e “personaggi diabolici ‘farseschi’ della tradizione popolare francese”, dall’altra.

La carriera teatrale di Arlecchino nasce a metà del cinquecento con l’attore di origine bergamasca Alberto Naselli (o probabilmente Alberto Gavazzi) noto come Zan Ganassa che porta la commedia dell’arte in Spagna e Francia, sebbene fino al 1600 – con la comparsa del mantovano Tristano Martinelli – la figura di Arlecchino non si possa legare specificatamente a nessun attore.

L’origine del personaggio è invece molto più antica, legata com’è alla ritualità agricola: Arlecchino è anche il nome di un demone sotterraneo.

Un demone ancora più noto con un nome che ricorda da vicino quello di Arlecchino è stato l’Alichino dantesco che appare nell’Inferno come capo di una famiglia diabolica.

Quanto alla radice del nome, è di origine germanica Hölle König (re dell’inferno), traslato in Helleking, poi in Harlequin, con chiara derivazione infernale. Questa interpretazione “infernale” del nome è di chiara matrice cristiana. In epoca pagana era credenza condivisa in tutto il centro e nord Europa che nel periodo “oscuro” (invernale) dell’anno e in occasione di feste particolari una schiera composta di spiriti dei morti corresse per il cielo e sulla terra, con a capo una divinità a seconda del pantheon del luogo.

I nomi sono numerosi per designare questa cavalcata spaventosa. Il francese Hellequin viene forse dal danese erlkonig. Inizialmente, le Hellequins – o Herlequins – erano le donne che cavalcavano con la dea della morte Hel, durante le cacce notturne. Ma passando nella cultura francese, Hel divenne un uomo, il re Herla o Herlequin (dall’antico inglese Herla Cyning poi erlking, tedesco Erlkönig, danese erlkonig, allerkongeelverkonge, cioè, letteralmente, il “re degli elfi” ). Hellequin – o Hellkin, Hennequin, Hannequin, Herlequin, Arlequin.

Già durante il Medioevo, del resto, un certo aspetto di comicità appare con demoni che si aggiravano sulle scene delle sacre rappresentazioni: questo era da un lato probabilmente un tentativo di esorcizzare  le paure del soprannaturale, ma anche di mettere in burla il potere dei demoni pagani della terra che erano ancora molto presenti nell’immaginario popolare, soprattutto nelle campagne, ed esercitavano ancora un grosso potere che l’ascesa del Cristianesimo  non era riuscito a sradicare. D’altronde, i principali strumenti per esorcizzare la Morte sono, nel folklore popolare, il riso  e l’osceno.

Arlecchino approda nei palcoscenici al tempo dei saltimbanco e simili che hanno percorso le piazze e le fiere italiane sin dal Medioevo.

Lo Zanni dei saltimbanco è presente in molte raffigurazioni sia anteriori che posteriori alla sua nascita come personaggio della Commedia dell’Arte.

Arlecchino è un personaggio diretto discendente di Zanni dal quale eredita la maschera demoniaca (sebbene spesso la maschera di Zanni è stata rappresentata bianca) e la tunica larga del contadino veneto-bergamasco, ma dalla fine del XVI secolo  Arlecchino appare invece con un vestito molto aderente, quasi una calzamaglia a pezze multicolori; da questo alcuni deducono che Arlecchino discenda direttamente dai giocolieri di strada che notoriamente avevano il costume attillato.

 

 

Paolo Vianello