Anche Fini sostiene la campagna
di Negroponte per il Nobel alla Rete
Lessig: “Attenzione: la guerra al web
è una guerra contro i nostri figli”
ANNA MASERA
La guerra a Internet è una guerra contro i nostri figli». Parola di Lawrence Lessig, «uno dei massimi teorici di un approccio liberale alla Rete» secondo la definizione del presidente della Camera Gianfranco Fini, che ieri nel presentarlo a un affollato convegno a Montecitorio si è fatto paladino di Internet e ne ha rilanciato la candidatura per il premio Nobel per la pace 2010, sostenuta da Nicholas Negroponte. «L’accesso a Internet è un diritto fondamentale dell’uomo» ha dichiarato Fini davanti a oltre 500 persone stipate nella sala Regina. L’incontro, intitolato «Internet è libertà, perché dobbiamo difendere la Rete», è stato trasmesso senza intoppi in diretta Web, ma diverse centinaia di persone si sono messe in fila davanti a Palazzo Montecitorio per conoscere dal vivo l’ospite d’onore Lessig, giurista di Harvard autore di Cultura libera che ha fondato Creative Commons, e ascoltare la sua lectio magistralis.

Fini, che ha presentato Lessig anche come «un amico e collaboratore del presidente Barack Obama», ha sottolineato il pericolo di interventi censori dall’alto e ha dichiarato che online l’auto-regolamentazione funziona: «Internet è soprattutto uno strumento di libertà e di conoscenza attraverso la quale ognuno di noi non solo esprime se stesso, ma può esercitare il controllo sull’efficienza della pubblica amministrazione e sulle istituzioni, aprendo un nuovo rapporto tra cittadini e pubblici poteri. Basta ricordare il ruolo svolto dal Web durante i tragici avvenimenti in Birmania o i continui tentativi di limitarne l’uso in Cina e in Iran». Fini ha citato «Reporters sans frontières» secondo cui «si è registrato un ampliamento allarmante delle restrizioni sulla Rete».

Lessig, tradotto in simultanea dall’inglese, dopo aver mostrato diverse creazioni artistiche generate sul Web che oggi come oggi sono illegali perché la cultura digitale del remix viola il vecchio copyright, ha messo in guardia da un’eccessiva regolamentazione della Rete: «Non possiamo impedire alle nuove generazioni di essere creative come noi non eravamo, altrimenti le spingiamo verso la clandestinità e questo è terribilmente corrosivo della democrazia di uno Stato di diritto. I governi devono avere umiltà nell’affrontare la regolamentazione: non si può uccidere questa tecnologia. Chiediamo ai governi di non imbarcarsi in una guerra senza speranza. Siano maturi, sani di mente e non arroganti, non possono governare con la forza».

Ma Lessig ha anche messo in guardia dallo schieramento di due fronti contrapposti: da una parte i paladini di Internet, che vivono neutralità, accessibilità e libertà come territori da difendere; dall’altra un legislatore bellicoso, che però con l’attuale Stato di diritto non è portatore di garanzie rassicuranti. Così i cittadini del Web sono in balia di responsabilità confuse e spesso imprevedibili. «Internet è un’architettura abilitante, un’innovazione non prevista foriera di libertà, ma c’è sia il bene sia il male».

Juan Carlos De Martin, professore del centro studi Nexa su Internet & Società al Politecnico di Torino che ha partecipato all’organizzazione dell’evento, ha commentato: «Invidio Lessig che vive negli Usa, il Paese che ha inventato Internet. Gli americani adorano il nuovo per il nuovo, approvano la tecnologia, la considerano un vantaggio da saper sfruttare al meglio. In Italia è l’opposto: noi vediamo Internet solo come un problema, una minaccia. La classe dirigente dovrebbe preoccuparsi di alfabetizzare la popolazione italiana – che è tra le più anziane e meno scolarizzate dei Paesi sviluppati – all’era digitale, garantire l’accesso alla Rete a tutti ed educare all’uso consapevole, a distinguere le fonti e capire cos’è la diffamazione, come si impara a guidare. Altrimenti l’Italia resterà tra i Paesi sviluppati più arretrati».

Franco Bernabè, amministratore delegato di Telecom Italia, tra i presenti al panel di discussione moderato dal direttore di Wired Riccardo Luna, ha dichiarato che «la nostra responsabilità, ed è ciò su cui stiamo lavorando e investendo, è favorire la diffusione di Internet, fattore di libertà e meritocrazia, di cui il paese ha bisogno per rilanciare l’economia e lo sviluppo».

Eppure i tentativi della legge italiana per imbrigliare Internet sono tantissimi: dal decreto Levi-Prodi sul riordino della legislazione nel settore editoriale ai diversi disegni di legge apparsi (decreto Pisanu, criticato da tutti i presenti al convegno), scomparsi o sopravvissuti (le proposte legate ai reati d’opinione o alle violazioni del diritto d’autore a mezzo Internet), fino al recente e tormentato decreto Romani per l’attuazione della direttiva sull’esercizio delle attività televisive. «Davanti alla legge i nuovi media sono ancora considerati uguali ai vecchi, senza tenere conto del cambio di paradigma socio-economico: quello della fine del concetto di scarsità delle risorse nel mondo digitale, che invece regola il mondo analogico. E la magistratura si ritrova costretta a operare su fronti nuovi in assenza di certezze normative, rischiando di emettere sentenze quantomeno discutibili» osserva l’avvocato Carlo Blengino del Centro Nexa. Ha chiuso l’incontro il viceministro alle Comunicazioni Paolo Romani con un’allusione che ha fatto tremare i paladini di Internet: il controverso decreto che porta il suo nome ed è in corso di approvazione potrebbe incidere sulle piattaforme di condivisione video come YouTube. Come dire: è guerra. Altro che libertà.

Lawrence Lessig insegna legge ad Harvard. E’ il fondatore di CreativeCommonse autore di «Cultura Libera» (tradotto in Italia da Apogeo)