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RICORDANDO I DEFUNTI

Il Cimitero Maggiore di Padova si presenta con la sua facciata ampia, preceduto da tre accessi larghi e lunghi da percorrere a piedi. Le pietre rosse bordate da una definizione di linee chiare e scure, fanno risaltare sullo sfondo del cielo la struttura architettonica elegante, importante, allo stesso tempo non cupa non ostante quello che rappresenta. Fuori dei cancelli, appesi alle recinzioni in ferro battuto, stanno dei cartelli che informano sugli orari di apertura e recano l’intimazione a rispettare con comportamento e atteggiamento la sacralità del luogo in cui si entra.

Il mio ingresso nel Cimitero Maggiore è stata un’emozione particolare quando ho accompagnato il mio papà, scomparso recentemente. Gli spazi sono generosi, grosse ciotole espongono piante e fiori curatissimi. Ho avuto la sensazione che le cure prodigate dal personale siano persino affettuose. Quello dell’eterno riposo mi è parso un altro mondo anche qui in terra.

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All’ingresso di sinistra guardando la facciata, ho incontrato l’importante monumento in marmo bianco ad Antonio Pedrocchi, affiancato, dentro due tondi, alla sua  destra da Giuseppe Jappelli e alla sua sinistra da Bartolomeo Franceschini. Tre statue allegoriche femminili, bellissime e intense, intente a studiare un progetto su un enorme foglio di carta arrotolata, completano il grande monumento.

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Il luogo infonde serenità e pace. Ho rivolto la mia attenzione alle tombe disposte ordinatamente lungo i vialetti, alcune arricchite da statue in atteggiamento pietoso, affettuoso o triste, assorte nella loro immobilità. La libertà di interpretare la dimora definitiva dei propri morti, ha reso estremamente vario il panorama che si presenta agli occhi. Viene di pensare ad una infinita coperta a patch-work stesa amorevolmente su tutti i defunti che qui riposano.

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Procedendo lungo il viale centrale si incontra la zona di sepoltura dei soldati, il monumento che li commemora porta la scritta “MILITES RESVRRECTVRI”. Ci sono lapidi modeste, tutte uguali, consunte dalla pioggia e invase da muschi verdi e licheni, a fatica si leggono i nomi di chi vi è sepolto, tanto è il tempo che stanno li.

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Subito più avanti trova posto la zona delle sepolture dei bambini, molti di loro hanno nomi stranieri. Sono tombe piccole, vi hanno lasciato dei piccoli giochi: un pupazzetto, un’automobilina, una bambolina. Le date della nascita e della morte troppo prossime le une alle altre, un bimbo di tre giorni, una bimba di un giorno…

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In fondo al cimitero si stende l’enorme vasca di una fontana. La struttura è moderna, essenziale, bianca. L’acqua deborda cascando con tranquillo pianto come a raccogliere simbolicamente le lacrime di tutti gli addolorati cari che qui hanno lasciato le persone amate. Ai lati e dietro la vasca ci sono i prati delle croci bianche e delle ceneri sparse. In questa zona del cimitero trovano posto gli ossari con le urne cinerarie. Bianche luminose e serene gallerie dove spiccano i fiori multicolori posati davanti alle piccole lapidi.

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Non considero il cimitero un luogo triste ma un luogo di pace.

Francesca Boldrin